Didatticamente

Conoscere attraverso la Matematica: Linguaggio e Realtà

Emma Castelnuovo

 

1.Premessa

Il titolo della mia relazione riprende quello generale.

Io Voglio considerarlo da un punto di vista didattico. Mi riferirò in particolare alla Scuola Media, la scuola che raccoglie ragazzi e ragazze di un’età fragile, alunni esposti alle sollecitazioni di un mondo che sembra perdere sempre di più il suo equilibrio. Con tutto il pessimismo che possiamo avere, c’è però oggi, per la scuola italiana, un lato positivo: la sempre più forte presenza di allievi stranieri. Figli di persone che hanno lasciato il loro paese per sfuggire a guerre, a ideologie politiche, a disoccupazione, a una vita che non permette di vivere. Questi allievi entrano nelle nostre scuole portando, sempre, qualcosa di diverso. Il solo fatto di conoscere male la nostra lingua è un grande aiuto per i compagni italiani: è un invito ad esprimersi in modo corretto per farsi capire, a dire la stessa cosa con termini diversi, ad approfondire, anche se inconsciamente, l’etimologia delle parole, a confrontare parole e scritture delle varie lingue, a capire che i segni per le lettere e per in numeri non sono uguali in tutti i Paesi.

A rendersi conto, anche, che la lingua italiana non è poi tanto ricca; e basta riferirsi alla sola matematica per capirlo. Porto due esempi: uno di geometria e uno di aritmetica. In italiano, la parola “angolo” ha tanti significati, oltre a quello matematico. Si parla di “angolo” nelle più varie espressioni di uso corrente; per esempio si dice: “ci troviamo all’angolo della strada…”; o si dice: “sta attento all’angolo di quel tavolo!”. E, ancora: “quella località è proprio un angolo di paradiso!”. Oggi poi si parla spesso di “angolo-cottura”, anche se non ha niente a che vedere con un angolo della stanza.

Un altro termine matematico che riesce difficile agli allievi stranieri (che parlano qualunque altra lingua) è la preposizione “per“. Nella lingua italiana si usa per tutto: come complemento di tempo, di stato, di luogo,… E in matematica, ed è qui la difficoltà per gli stranieri, si utilizza per due operazioni l’una inversa dell’altra: la moltiplicazione e la divisione:si dice infatti “3 per 4”, e si dice anche “8 diviso per 2”.

Il dono più bello che ricevono i nostri allievi nel corso di matematica è che lo studio della matematica e non quello di altre materie come l’italiano, la storia,… dà loro la possibilità di vivere in classe un clima “al di sopra” della nazionalità o dell’ambiente sociale o… di tutto.

Aiutare i compagni stranieri in matematica vuol dire aiutare se stessi.Accade poi che gli allievi italiani ricevono dai compagni stranieri, oltre a una migliore conoscenza della propria lingua, uno stimolo verso la percezione materiale, l’osservazione, l’intuizione,…; doti, queste, che nei nostri Paesi sviluppati si vanno sempre più indebolendo.

Mi ricorda, questo, quando un secolo fa, nel 1908, scriveva lo storico della matematica David Eugene Smith a proposito dell’insegnamento della matematica nelle Scuole Secondarie degli Stati Uniti. Diceva che nella scuola l’insegnamento della matematica è troppo astratto, ma che, fortunatamente, la presenza di tanti poveri emigrati che hanno lasciato il vecchio continente, l’Europa, per cercare lavoro in America, porterà un soffio di aria nuova perché spesso hanno più intuizione e più spirito di osservazione dei nostri giovani. Ecco ricordiamocelo, fra questi emigrati che venivano dall’Europa, c’erano molti italiani.

La storia si ripete…

In questo clima di amicizia e di collaborazione vogliamo che i ragazzi costruiscano la Matematica.

2. Il Triangolo

Mi riferisco, come ho detto prima, alla Scuola Media e penso ai tre anni.

Fermo l’attenzione su una sola figura: il triangolo.

Una figura scialba, il triangolo. Lo voglio considerare in vari contesti.

a) Lati

E’ solo lavorando con un materiale, delle sbarrette tipo meccano, che ci si rende conto di una proprietà caratteristica del triangolo: è l’unico poligono rigido. Si coglie bene questa proprietà confrontandolo con altri poligoni sempre costruiti con sbarrette. Questa caratteristica ci porta a guardarci intorno: le impalcature, i ponteggi, tutte le costruzioni edili sono basate sul triangolo. Questa osservazione ci fa riflettere sulle costruzioni antiche e ci porta a renderci conto come la tecnologia, nei secoli, abbia fatto raggiungere al triangolo una posizione unica nell’architettura: basta osservare la griglia a doppia rete dell’Expo di Montreal del 1967; è una vera opera d’arte.

b) Angoli

E’ la considerazione degli angoli di un triangolo che porta, in modo naturale, a cogliere concetti elevati in matematica.

Costruiamo, su una tavoletta, un triangolo realizzato in filo elastico, con base fissa. Si possono ottenere tanti triangoli: basta spostare un punto dell’elastico. Per semplicità, realizziamo dei triangoli isosceli e portiamo l’attenzione sugli angoli. Non c’è bisogno di “spingere” all’osservazione: il movimento, la variazione fanno notare subito che se gli angoli alla base diventano più piccoli, l’angolo al vertice aumenta, mentre , se aumentano gli angoli alla base, diminuisce l’angolo al vertice. Sono i casi limite che attirano l’attenzione. E’ il movimento che porta a cogliere questi due casi estremi. E sono i due casi limite che portano ad intuire un’invariante: la costanza della somma degli angoli di un triangolo. (fig.1)

Penso che chi non ha avuto l’occasione di provare questa esperienza didattica non possa immaginare quale impressione può suscitare in allievi di undici/dodici anni la scoperta di questa proprietà. E’ il movimento, la variazione che hanno portato alla scoperta di una invariante. E subito, l’espressione “caso limite”, “invariante” diventa di tutti, come un fatto naturale. E il concetto di funzione comincia, anch’esso, a far parte del vocabolario di tutti.

c) Area costante. Perimetro minimo

E’ ancora un filo elastico che ci aiuta a costruire dei triangoli di ugual base e di uguale altezza, e dunque di uguale area.

Si fissano due chiodi ,A e B, su una tavoletta; questi saranno gli estremi della base. Si dispone poi un filo di ferro sulla tavoletta, parallelamente alla base, e si fa in modo che un elastico legato ai chiodi A e B abbracci il filo di ferro. Scorrendo lungo il filo di ferro, si realizzano tanti triangoli di ugual base e di uguale altezza, e dunque di uguale area.

Lasciando libero l’elastico, questo verrà a disporsi dove la tensione è minima:è il caso del triangolo isoscele. Il fatto che il triangolo isoscele ha il perimetro minimo si potrebbe anche dimostrare in base al teorema di Pitagora.

Si conclude che fra tutti i triangoli di ugual base e uguale altezza, e quindi di uguale area, è il triangolo isoscele ad avere il perimetro minimo.(fig.2)

E’ bello, poi, portare l’attenzione sulla riflessione della luce: anche un raggio di luce percorre il cammino minimo.

d) Perimetro costante. Area massima.

Il problema duale, cioè il problema che riguarda i triangoli di ugual base e uguale perimetro, si realizza con un pezzo di spago. Ora conviene valersi della vecchia lavagna in modo che siano i ragazzi stessi a lavorare. Sono tre i ragazzi che operano; gli altri “vivono” questa costruzione.

Due ragazzi tengono fissi sulla lavagna gli estremi di un pezzo di spago; lo spago deve avere una lunghezza maggiore della distanza fra le dita dei due ragazzi. Un terzo compagno fa in modo, utilizzando un gessetto, che lo spago sia sempre ben teso. Realizzano così tanti triangoli che hanno la stessa base. Ma….non c’è tempo di osservare tanti triangoli……perché il gessetto, che non viene mai staccato dalla lavagna, sta tracciando una curva: è un’ellisse.(fig.3)

Questa costruzione così semplice lascia tutti sbalorditi!

Poi, avvicinano o allontanano gli estremi dello spago: tante forme di ellissi; e si può ottenere anche un cerchio. Il cerchio è un ellisse particolare.

Il nostro problema riguardava l’area dei triangoli di ugual base e uguale perimetro: l’area è massima quando l’altezza è massima; è un triangolo isoscele, anche in questo caso, che realizza un caso importante: il massimo.

Ma torniamo alla curva: l’ellisse. Qualcuno scrive: “questa curva la vedevo sempre, ma non ci facevo caso….: è l’ombra di un disco segnaletico data dai raggi del sole. E’ la matematica che me l’ha fatta vedere…”.

La matematica fa osservare la realtà !

E ancora il disegno, la prospettiva, l’arte, la storia.

Ma vediamola meglio,questa curva. Studiamola proprio a partire dalla costruzione che abbiamo fatto avvalendoci dello spago.

Quei due punti dove sono fissati gli estremi dello spago hanno, anche, una proprietà che riguarda la riflessione della luce: la proprietà dei fuochi si mette in evidenza costruendo una “fascia ellittica” in lamiera, e disponendo una piccola lampadina in uno dei due fuochi.

E allora, e ancora una volta, dalla matematica alla realtà: l’arte. Costruzioni architettoniche che hanno la forma di ellisse e costruzioni che sembrano ellissi ma non hanno la proprietà dei fuochi. A Roma, ha forma ellittica la Chiesa di Sant’ Andrea al Quirinale, opera del Bernini; mentre non ha forma ellittica la Piazza San Pietro, opera dello stesso Bernini.

E di nuovo, matematica. Il cerchio, si è visto, è un ellisse particolare: basta far sovrapporre i due fuochi. Allora, un’idea: se si disegna un cerchio su una tela elastica e poi “ si stira “ la tela nella direzione dei fili elastici, i due fuochi che erano sovrapposti vengono distanziati: dal cerchio all’ellisse con una trasformazione affine , e, quindi, con equazioni. Ci si basa sulla teoria dell’elasticità.

Concetti nuovi ispirati alla realtà e al concreto; concetti nuovi realizzati con metodi matematici.

3. Conclusione

Il linguaggio alla fine dei tre anni è davvero uguale per tutti, italiani e non italiani. Apprendono insieme questioni alte di matematica, e, insieme, imparano a osservare e ad esprimersi. Se, alla fine dei tre anni di Scuola Media, avremo raggiunto questo obiettivo, penso che potremo dire che con il corso di matematica siamo riusciti a costruire la vera collaborazione fra allievi di tanti Paesi, ragazzi e ragazze che saranno, domani, cittadini del mondo.